Ci sono e no, anche se la tesi di qualcuno non era del tutto inverosimile, non sono crepata. Non ancora, almeno.
Sto leggendo solo ora i commenti che avete lasciato in questi... 6 anni!?
Vi dico solo grazie, grazie a chi scrive ancora e a chi ha smesso di scrivere su un blog.
Un ringraziamento particolare a Cape, che ha avuto la bontà di ricordarsi di me e di scrivere che gli ero mancata (l'IBAN mandamelo in privato)!
A presto, forse!
Irriflessioni
Un piccolo spazio per lanciare piccoli sassi e coltivare grandi speranze.
7.3.12
8.9.06
Le pecore sono sempre in ritardo - Ievan Polkka
E così ci sono cascata anch'io.
L'ho scoperta per caso -era un successo finlandese 8/9 anni fa, ma noi si è aggiornati soltanto sulle prodezze musicali di Rihanna- e da ieri quel motivetto mi perseguita.
Posso forse accontentarmi di una dipendenza vissuta in solitudine?
No, naturalmente, perciò beccatevi l'animazione,
il testo originale ( e relativa traduzione inglese) e il live!
I casi di dipendenza sono numerosi e di discreta gravità, ma Ievan Polkka facilita anche l'approccio col gentil sesso.
Enjoy!
L'ho scoperta per caso -era un successo finlandese 8/9 anni fa, ma noi si è aggiornati soltanto sulle prodezze musicali di Rihanna- e da ieri quel motivetto mi perseguita.
Posso forse accontentarmi di una dipendenza vissuta in solitudine?
No, naturalmente, perciò beccatevi l'animazione,
il testo originale ( e relativa traduzione inglese) e il live!
I casi di dipendenza sono numerosi e di discreta gravità, ma Ievan Polkka facilita anche l'approccio col gentil sesso.
Enjoy!
7.9.06
Where I lay my head is home
Sergio, diciamocelo: non si può dire che tu non ci abbia provato.
Sarebbe ingiusto nei confronti di un uomo come te, che non si è mai risparmiato nelle tante battaglie affrontate in questi anni.
Non dubito nemmeno che ti siano familiari termini come "onestà", "rispetto per gli elettori", "dirittura morale" e "coerenza". No.
Non mi è difficile immaginarti la sera, al termine della telefonata della buonanotte con questo o quel senatore della sezione Trusti e maneggi (o Tragatti e maneggi, se preferisci), sfogliare un corposo vocabolario della lingua italiana per cercare il significato di quei termini sopracitati e impararlo a memoria, magari con l'ausilio di un piccolo registratore o del pappagallo di casa.
E' che per la pratica di quei paroloni lì, Sergio, forse non ci sei portato.
E ti capisco.
Alle scuole medie ero una schiappa in pallavolo. Invano le mie compagne mi spiegavano come fare una schiacciata potente e d'effetto, come tenere le spalle. Invano cercavano di stimolare in me il gusto per la competizione, d'insegnarmi la concentrazione necessaria sul campo. Macché. Mi distraevo, colpivo male la palla, non riuscivo a detestare quelle della squadra avversaria.
Ecco perché non mi accoderò ai catto-comunisti di matrice massonica che protesteranno per la tua scelta. No, io ne resto fuori.
E se all'ignoranza dei termini di cui sopra aggiungiamo la tua dichiarata avversione per un'eventuale riforma della legge sul conflitto d'interessi (mai accanirsi su un malato di tracheite) o sul taglio alla Difesa fortemente voluto dalla sinistra radicale (un'accozzaglia di ipocriti pacifisti, per dirla alla Santanché), mi rafforzo nella convinzione che la strada da te scelta sia l'unica possibile.
Allora arrivederci, Sergio.
Vai a testa alta per il mondo, sfida il moralismo di questi conservatori di sinistra, afferma i tuoi valori e le tue idee.
Solo un consiglio, però. La testa: io troppo alta non la terrei.
Ps: mi scuso coi Metallica e i loro fans per aver sciupato il verso di una delle loro canzoni.
Chissà se Sergio la conosce!?
Sarebbe ingiusto nei confronti di un uomo come te, che non si è mai risparmiato nelle tante battaglie affrontate in questi anni.
Non dubito nemmeno che ti siano familiari termini come "onestà", "rispetto per gli elettori", "dirittura morale" e "coerenza". No.
Non mi è difficile immaginarti la sera, al termine della telefonata della buonanotte con questo o quel senatore della sezione Trusti e maneggi (o Tragatti e maneggi, se preferisci), sfogliare un corposo vocabolario della lingua italiana per cercare il significato di quei termini sopracitati e impararlo a memoria, magari con l'ausilio di un piccolo registratore o del pappagallo di casa.
E' che per la pratica di quei paroloni lì, Sergio, forse non ci sei portato.
E ti capisco.
Alle scuole medie ero una schiappa in pallavolo. Invano le mie compagne mi spiegavano come fare una schiacciata potente e d'effetto, come tenere le spalle. Invano cercavano di stimolare in me il gusto per la competizione, d'insegnarmi la concentrazione necessaria sul campo. Macché. Mi distraevo, colpivo male la palla, non riuscivo a detestare quelle della squadra avversaria.
Ecco perché non mi accoderò ai catto-comunisti di matrice massonica che protesteranno per la tua scelta. No, io ne resto fuori.
E se all'ignoranza dei termini di cui sopra aggiungiamo la tua dichiarata avversione per un'eventuale riforma della legge sul conflitto d'interessi (mai accanirsi su un malato di tracheite) o sul taglio alla Difesa fortemente voluto dalla sinistra radicale (un'accozzaglia di ipocriti pacifisti, per dirla alla Santanché), mi rafforzo nella convinzione che la strada da te scelta sia l'unica possibile.
Allora arrivederci, Sergio.
Vai a testa alta per il mondo, sfida il moralismo di questi conservatori di sinistra, afferma i tuoi valori e le tue idee.
Solo un consiglio, però. La testa: io troppo alta non la terrei.
Ps: mi scuso coi Metallica e i loro fans per aver sciupato il verso di una delle loro canzoni.
Chissà se Sergio la conosce!?
28.8.06
Scritto con il benestare di Alice
Ore 20:45.
Stiamo ritornando a casa da un provvidenziale (non trovo aggettivo più adatto) viaggio in Bretagna. Seduta accanto all'Anonimo Lettore sfoglio il corso di bretone appena acquistato e sto quasi per riflettere sulla questione delle minoranze linguistiche in Francia quando la scoperta del "Petit Dictionnaire des plus belles injures bretonnes" mi fa rimpiangere di non aver fatto un acquisto ardito.
Poi la sveglia.
-E il blog?- L'Anonimo Lettore la butta lì, con studiata noncuranza, ma sapendo quanto "Irriflessioni" sia stato importante per me e quanto grave sia stata (sempre per la sottoscritta) l'assenza da questo spazio.
Già, il blog.
Ci sono stati giorni in cui ho pensato seriamente di chiuderlo con un post stringato e definitivo, altri in cui sono stata tentata di cancellarlo. Basta un click, come cinguettano certi spot pubblicitari.
Sì, basta un solo click.
Nell'ultimo post scritto prima di questa lunga latitanza accennavo a un problema che richiedeva tempo e pazienza. Ho scelto di non attendere il primo e di disfarmi della seconda, di trasferirmi e cercare un nuovo lavoro, con conseguenti pellegrinaggi presso quei mercati di bestiame noti ai più come agenzie "interinali".
Dopo diverse settimane la casa c'è, mentre il lavoro (so bene di scioccare i lettori) stenta ad arrivare.
Le soddisfazioni, invece, non sono mancate.
Una donna in carriera ha esaminato il mio curriculum auspicando per me un futuro professionale brillante e proponendomi in seguito un contratto di 250 euro mensili.
Un giovane esperto di risorse umane ha vantato la solidità dell'azienda per cui lavora rivolgendosi principalmente alla mia t-shirt e un professionista giunto in ritardo all'appuntamento sul suo Cayenne ha lanciato alcuni pittoreschi anatemi sulle tombolate dell'ARCI e su quei vecchi ladri che le frequentano (lo giuro, il brav' uomo ha estratto Libero dalla sua ventiquattr'ore solo al termine del colloquio ).
A fronte di simili successi sul piano umano e della considerazione di cui godono il mio intelletto (la I è minuscola solamente a livello formale) e la mia preparazione, potevo abbandonare questa blogosfera che stupisce, stimola, fa sorridere e anche -qualche volta- parecchio incazzare? La blogosfera avrebbe certamente aprezzato una simile soluzione, ma incasserà con un sorriso indifferente.
Dunque rieccomi qui, senza l'ossessione del posting, senza il timore adolescenziale del "chissàcosapenserannoglialtrinontrovandoilblogaggiornatoossignore!", lentamente, riabituandomi a ciò che per qualche mese è stato naturale e fino a poco tempo fa deprimente e improbabile come il periodo appena trascorso.
Del resto lo dice anche un proverbio bretone:
Eur c'hoz louarn, ha ken dare Gweled eur yar c'hoaz a garre.
Una volpe testarda, per quanto vecchia sia, non può smettere di cacciare.
Stiamo ritornando a casa da un provvidenziale (non trovo aggettivo più adatto) viaggio in Bretagna. Seduta accanto all'Anonimo Lettore sfoglio il corso di bretone appena acquistato e sto quasi per riflettere sulla questione delle minoranze linguistiche in Francia quando la scoperta del "Petit Dictionnaire des plus belles injures bretonnes" mi fa rimpiangere di non aver fatto un acquisto ardito.
Poi la sveglia.
-E il blog?- L'Anonimo Lettore la butta lì, con studiata noncuranza, ma sapendo quanto "Irriflessioni" sia stato importante per me e quanto grave sia stata (sempre per la sottoscritta) l'assenza da questo spazio.
Già, il blog.
Ci sono stati giorni in cui ho pensato seriamente di chiuderlo con un post stringato e definitivo, altri in cui sono stata tentata di cancellarlo. Basta un click, come cinguettano certi spot pubblicitari.
Sì, basta un solo click.
Nell'ultimo post scritto prima di questa lunga latitanza accennavo a un problema che richiedeva tempo e pazienza. Ho scelto di non attendere il primo e di disfarmi della seconda, di trasferirmi e cercare un nuovo lavoro, con conseguenti pellegrinaggi presso quei mercati di bestiame noti ai più come agenzie "interinali".
Dopo diverse settimane la casa c'è, mentre il lavoro (so bene di scioccare i lettori) stenta ad arrivare.
Le soddisfazioni, invece, non sono mancate.
Una donna in carriera ha esaminato il mio curriculum auspicando per me un futuro professionale brillante e proponendomi in seguito un contratto di 250 euro mensili.
Un giovane esperto di risorse umane ha vantato la solidità dell'azienda per cui lavora rivolgendosi principalmente alla mia t-shirt e un professionista giunto in ritardo all'appuntamento sul suo Cayenne ha lanciato alcuni pittoreschi anatemi sulle tombolate dell'ARCI e su quei vecchi ladri che le frequentano (lo giuro, il brav' uomo ha estratto Libero dalla sua ventiquattr'ore solo al termine del colloquio ).
A fronte di simili successi sul piano umano e della considerazione di cui godono il mio intelletto (la I è minuscola solamente a livello formale) e la mia preparazione, potevo abbandonare questa blogosfera che stupisce, stimola, fa sorridere e anche -qualche volta- parecchio incazzare? La blogosfera avrebbe certamente aprezzato una simile soluzione, ma incasserà con un sorriso indifferente.
Dunque rieccomi qui, senza l'ossessione del posting, senza il timore adolescenziale del "chissàcosapenserannoglialtrinontrovandoilblogaggiornatoossignore!", lentamente, riabituandomi a ciò che per qualche mese è stato naturale e fino a poco tempo fa deprimente e improbabile come il periodo appena trascorso.
Del resto lo dice anche un proverbio bretone:
Eur c'hoz louarn, ha ken dare Gweled eur yar c'hoaz a garre.
Una volpe testarda, per quanto vecchia sia, non può smettere di cacciare.
7.7.06
Buon pomeriggio a tutti, meglio, a quasi tutti.
Non posso infatti rivolgermi agli internauti che si servono di Mozilla Firefox perché, bontà di Blogger, non è possibile visualizzare il mio blog servendosi di quel browser. Tutti gli altri sono pregati di mandar loro i miei saluti e di distruggere la loro ultima speranza.
No, non ho deciso di chiudere il blog.
No, non sono fuggita con Gianluigi Paragone (anche se questo potrebbe costituire un buon motivo per scomparire e chiuderlo davvero, il blog).
No, non sono andata a portare il mio sostegno ai tassisti guerriglieri che temono di perdere il lavoro (gli stessi che sfamano le famiglie chiedendo 20 € per raggiungere la stazione Garibaldi da quella Centrale di Milano... del resto, che volete, la vita è cara e per i tassisti ancor di più!).
No.
In questi giorni ho preferito non postare perché non sarei stata in grado di lasciare la mia vita fuori da qui. Avrei scritto post monotematici e deprimenti, peggiori del solito, intendo. Invece avevo bisogno di salire sulla mia scialuppa di salvataggio, lasciarmi alle spalle l'angoscia di questi giorni e dimenticare, almeno per qualche ora, me stessa.
Si tratta di una situazione non disperata che può esser risolta soltanto con tempo e pazienza. E io non sono mai stata paziente, capace di attendere e rivolgere la mia attenzione a un nemico diverso da quello che avevo di fronte. Per me il pensiero deve tradursi in azione e se le circostanze me lo impediscono, l'impazienza diviene impotenza e la collera si tramuta in rancore.
Così ho fumato tante sigarette, bevuto diversi caffé e parlato a lungo con l'Anonimo Lettore, una di quelle rare persone che sa conciliare tenerezza e concretezza in modo naturale. Seguito a sentirmi impotente perché costretta all'attesa, ma questa è diventata più sopportabile e posso ritornare a sorridere.
Grazie a tutti e, Alice permettendo, tornerò presto a leggervi e scrivere qui.
Non posso infatti rivolgermi agli internauti che si servono di Mozilla Firefox perché, bontà di Blogger, non è possibile visualizzare il mio blog servendosi di quel browser. Tutti gli altri sono pregati di mandar loro i miei saluti e di distruggere la loro ultima speranza.
No, non ho deciso di chiudere il blog.
No, non sono fuggita con Gianluigi Paragone (anche se questo potrebbe costituire un buon motivo per scomparire e chiuderlo davvero, il blog).
No, non sono andata a portare il mio sostegno ai tassisti guerriglieri che temono di perdere il lavoro (gli stessi che sfamano le famiglie chiedendo 20 € per raggiungere la stazione Garibaldi da quella Centrale di Milano... del resto, che volete, la vita è cara e per i tassisti ancor di più!).
No.
In questi giorni ho preferito non postare perché non sarei stata in grado di lasciare la mia vita fuori da qui. Avrei scritto post monotematici e deprimenti, peggiori del solito, intendo. Invece avevo bisogno di salire sulla mia scialuppa di salvataggio, lasciarmi alle spalle l'angoscia di questi giorni e dimenticare, almeno per qualche ora, me stessa.
Si tratta di una situazione non disperata che può esser risolta soltanto con tempo e pazienza. E io non sono mai stata paziente, capace di attendere e rivolgere la mia attenzione a un nemico diverso da quello che avevo di fronte. Per me il pensiero deve tradursi in azione e se le circostanze me lo impediscono, l'impazienza diviene impotenza e la collera si tramuta in rancore.
Così ho fumato tante sigarette, bevuto diversi caffé e parlato a lungo con l'Anonimo Lettore, una di quelle rare persone che sa conciliare tenerezza e concretezza in modo naturale. Seguito a sentirmi impotente perché costretta all'attesa, ma questa è diventata più sopportabile e posso ritornare a sorridere.
Grazie a tutti e, Alice permettendo, tornerò presto a leggervi e scrivere qui.
26.6.06
Un commento a caldo
Tutte le Costituzioni sono perfettibili e la nostra dovrà essere oggetto di riflessione da parte di entrambe le coalizioni. Superati i furori senili alla Cicchitto (più di una volta, durante lo Speciale del Tg3, ha messo la Berlinguer in seria difficoltà), come cittadini e teste pensanti dobbiamo augurarci l'avvio di un confronto serio e costruttivo.
Ancora: l'Italia non è spaccata. Ce lo sentiremo ripetere ad libitum sfumando, sino a quando il ricordo di questo referendum confermativo non sarà svanito, ma non essendo il nostro Paese suddiviso in quattro-regioni-quattro, Lombardia e Veneto restano le sole regioni a preferire ostinatamente le scorciatoie populistiche consigliate dai Celti de noantri, i nostri carismatici leaders padani.
Nel frattempo, in questo afoso lunedì pomeriggio, giungono le sagge parole di Francesco Speroni che hanno il merito di mitigare la preoccupazione per le sorti della Nazionale di calcio: Gli italiani fanno schifo e l'Italia fa schifo. Perché non vuole essere moderna e hanno vinto quelli che vogliono vivere alle spalle degli altri.
Ecco, le dichiarazioni di un uomo che ha avuto -per qualche tempo- assistenti del calibro di Franco e Riccardo Bossi (rispettivamente figlio e fratello del Senatur) hanno il potere di rafforzare la mia precaria autostima e di farmi sentire meglio. Non quanto un condizionatore d'aria, l'ammetto, ma quasi.
20.6.06
I poteri del nocino...
Uno dei mali che di fatto annulla i vantaggi del suffragio universale ed è strettamente legato alla partecipazione -scarsa- dei cittadini alla vita politica del nostro Paese è il voto acritico.
Non è mera prerogativa di quell'elettorato indeciso e teledipendente cui vien fatto di pensare, ma anche e soprattutto di quello che vota, anno dopo anno, sempre per la stessa coalizione e lo stesso partito.
La mia Emilia è "rossa" per antonomasia.
Qui il centrosinistra si afferma con percentuali "bulgare", specialmente nelle province di Reggio Emilia, Modena e Ferrara (terre notoriamente improduttive, per dirla con il mio amato omonimo).
In Emilia i DS sono il primo partito, si fa il tour per le feste dell'Unità alla ricerca del fritto misto migliore, si detesta il centrodestra a prescindere e un po' di nocino (con l'aggiunta del ricordo degli ultimi cinque anni) aiuta a digerire con fatica persino Romano Prodi.
Qui il voto acritico e cieco, almeno per la maggior parte dei miei conterranei, è di casa.
La prova?
In occasione di consultazioni che trattano questioni costituzionali o di etica, l'elettorato tradizionalmente rosso sbanda. La pigrizia gli vieta d'informarsi e il rosso emiliano si reca alle urne forte della propria ignoranza e di qualche minuto di approfondimento su "Porta a porta".
Pare di vederlo davanti alla scheda elettorale, il povero diessino reggiano. Incerto, smarrito, senza simboli che gli sono familiari, senza la Quercia di riferimento, solo davanti a due caselle, quasi costretto a scegliere tra il SI e il NO.
Cosa fare?
Sabato mattina, Piazza Martiri a Carpi.
Sotto il lungo portico hanno preso posto i comitati a favore del SI e del NO al referendum del 25 e 26 giugno. Si distribuiscono opuscoli e volantini ai carpigiani intontiti dal caldo e dalla confusione e tra questi ci sono anch'io, accompagnata da E., un'amica diessina con solida tradizione comunista alle spalle.
Un membro del comitato per il NO si avvicina alla mia amica, le tende un opuscolo e lei, rossa di collera, lo respinge con violenza e si avvia a testa bassa verso la vetrina più vicina.
-Tutto bene?
-Mica tanto!
-Perché?
-E me lo domandi? "Quelli" (chi? una loggia massonica? una baby gang?) vogliono che io voti NO al referendum! Ma scherziamo?
-Uhm...
-Finalmente avremo meno parlamentari e qualche soldino di più in tasca e "quelli" dicono che bisogna votare NO? Fossi matta!
Ecco perché evito accuratamente di parlare di politica con buona parte dei miei amici (sono ancora giovane e mi auguro di vivere a lungo, possibilmente senza farmi venire un embolo o un colpo apoplettico)... ed ecco perché ritengo il suffragio universale la conquista di civiltà più sprecata dalla nostra specie.
Non è mera prerogativa di quell'elettorato indeciso e teledipendente cui vien fatto di pensare, ma anche e soprattutto di quello che vota, anno dopo anno, sempre per la stessa coalizione e lo stesso partito.
La mia Emilia è "rossa" per antonomasia.
Qui il centrosinistra si afferma con percentuali "bulgare", specialmente nelle province di Reggio Emilia, Modena e Ferrara (terre notoriamente improduttive, per dirla con il mio amato omonimo).
In Emilia i DS sono il primo partito, si fa il tour per le feste dell'Unità alla ricerca del fritto misto migliore, si detesta il centrodestra a prescindere e un po' di nocino (con l'aggiunta del ricordo degli ultimi cinque anni) aiuta a digerire con fatica persino Romano Prodi.
Qui il voto acritico e cieco, almeno per la maggior parte dei miei conterranei, è di casa.
La prova?
In occasione di consultazioni che trattano questioni costituzionali o di etica, l'elettorato tradizionalmente rosso sbanda. La pigrizia gli vieta d'informarsi e il rosso emiliano si reca alle urne forte della propria ignoranza e di qualche minuto di approfondimento su "Porta a porta".
Pare di vederlo davanti alla scheda elettorale, il povero diessino reggiano. Incerto, smarrito, senza simboli che gli sono familiari, senza la Quercia di riferimento, solo davanti a due caselle, quasi costretto a scegliere tra il SI e il NO.
Cosa fare?
Sabato mattina, Piazza Martiri a Carpi.
Sotto il lungo portico hanno preso posto i comitati a favore del SI e del NO al referendum del 25 e 26 giugno. Si distribuiscono opuscoli e volantini ai carpigiani intontiti dal caldo e dalla confusione e tra questi ci sono anch'io, accompagnata da E., un'amica diessina con solida tradizione comunista alle spalle.
Un membro del comitato per il NO si avvicina alla mia amica, le tende un opuscolo e lei, rossa di collera, lo respinge con violenza e si avvia a testa bassa verso la vetrina più vicina.
-Tutto bene?
-Mica tanto!
-Perché?
-E me lo domandi? "Quelli" (chi? una loggia massonica? una baby gang?) vogliono che io voti NO al referendum! Ma scherziamo?
-Uhm...
-Finalmente avremo meno parlamentari e qualche soldino di più in tasca e "quelli" dicono che bisogna votare NO? Fossi matta!
Ecco perché evito accuratamente di parlare di politica con buona parte dei miei amici (sono ancora giovane e mi auguro di vivere a lungo, possibilmente senza farmi venire un embolo o un colpo apoplettico)... ed ecco perché ritengo il suffragio universale la conquista di civiltà più sprecata dalla nostra specie.
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