2.6.05

Il silenzio di questi giorni non è dovuto a una mancanza d'argomenti maggiore di quella che affligge dalla nascita questo blog.
Si è verificato il contrario.Inconsueto.
La responsabilità, diretta o indiretta delle lacrime di coloro che ci vogliono bene è uno dei dolori che la vita ha voluto che conoscessi.

Sapere che non esiste un pulsante da premere per modificare ciò che provoca sofferenza costituisce un nuovo motivo di sconforto.

Ci si sente inutili, un peso gravoso per se e per gli altri, costretti ad agire in modo cieco ed ingiusto, senza possibilità di scelta. Impensabile qualsiasi tentativo di migliorare la situazione.

E' venuta meno la rassicurante immagine di ragazza corretta.
Ora vado tastoni qua e là, mi spetta ricorrere ad una morale elastica. Troppo elastica, forse.

Un peso per me e per gli altri.
Un pensiero familiare. Fuga o annullamento.

Parole da reinventare.
Sentimenti da (ri)scoprire.
Solo fatica, tanta fatica.

Eccomi qui, spaesata, ignorante, in questo mondo più grande e complesso del previsto.

Dare e ricevere. Ricevere e dare.
Sarebbe folle voler applicare questa regola. Semplice. Le cose non vanno così, nemmeno quando l'intera situazione dipende da noi.

Un caos tiranno, crudele, governa i nostri giorni e ci divora.
Migliori e peggiori, buoni e cattivi, tutti maltrattati in egual misura.
Nessun merito è riconosciuto.

Le ore alleggeriscono i pesi, ci liberano dai crucci, anestetizzano i sensi di colpa.
E le parole restano ciò che valgono: parole, soltanto.

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