C'è una parte di me fanatica del politically correct. Guai a fare battute sulle minoranze, ad esempio. Guai a mangiare carni rosse.
A un certo punto la “politically correct” se ne va e cede il posto alla cinica abitante dei boschi.
Ieri sera noi figlie uniche ci siamo confrontate su un tema che, presto o tardi, dovremo affrontare: la vecchiaia dei nostri genitori.
Cosa faremo, noi figlie uniche, quando i nostri genitori invecchieranno e sarà necessario un certo tipo d'assistenza?
Probabilmente avremo costruito un rapporto duraturo o un nucleo familiare.
Saremmo in grado di trovare la giusta soluzione?
E... visto che ne stiamo parlando, qualcuno sa qual è?
In qualità di figlie uniche abbiamo conosciuto vantaggi e svantaggi.
I vantaggi sono sotto gli occhi di tutti.
Gli svantaggi pure.
Se aggiungiamo la nostra appartenenza al sesso femminile, emerge il quadro di un'esistenza costantemente stimolata e frenata.
Il miraggio dell'ANDARE A VIVERE DA SOLE sa rinfrancarci nei momenti di sconforto. Avremmo certamente più libertà di movimento.
MA la constatazione dell'inevitabile decandenza fisica (e purtroppo mentale) dei nostri genitori pone questioni INELUDIBILI.
Che fare?
Ospitare il genitore?
Chi ce la fa, dopo anni d'indipendenza, a riabituarsi a questo? A non sentire come limitanti le esigenze di chi ci ha dato la vita?
Non solo, spesso il genitore non vuole staccarsi dal proprio ambiente... si fa le pendolari?
Si assume la cosiddetta “polacca”?
Ma è cara, spesso bellina e “potrebbe frugare in casa” ( opinione diffusa, che sottoscrivo ad eccezione dell'ultimo punto).
Una casa per anziani?
E chi ce la fa a mollare i genitori lì, come un pacco postale?
Perciò, da scorretta quale mi sento d'essere, riassumo la situazione in quattro-parole-quattro: i genitori portano problemi. Esattamente come i figli.
Non mi va di pensarci, “Ci penserò domani” diceva Rossella O'Hara, ma bisogna pensarci lo stesso.
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